Un’opera delicata e intima, che fa delle emozioni la chiave vincente.

Per il suo primo film Regina, il regista Alessandro Grande, già premiato in tutto il mondo nei maggiori festival internazionali per i suoi cortometraggi incentrati su tematiche sociali, avrebbe potuto scegliere strade ben più ruffiane. E invece, sulla strada già tracciata dai suoi corti, sceglie di mettere in scena una storia da un punto di vista non convenzionale. Un legame padre/figlia non ortodosso, ma forte, che verrà minato da un episodio che scuoterà le loro coscienze. Il talento e la musica, da coltivare nella Calabria dei monti della Sila. Da segnalare l’ottima prova della giovane Ginevra Francesconi, e un Francesco Montanari questa volta finalmente in un ruolo più introspettivo, che gli scrolla definitivamente da dosso, i panni dei personaggi cattivi, tra i quali quella del meraviglioso Libanese.

Chi è Alessandro Grande

Alessandro Grande, classe 1983, è stato da sempre vicino a tematiche sociali. Nel 2010 ha trattato la situazione difficile nelle carceri con “In My Prison”, nel 2013 l’integrazione con il pluripremiato “Margerita” e nel 2018 l’emigrazione con “Bismillah”, che gli è valso il David di Donatello come Miglior Cortometraggio e la corsa agli Oscar 2019. Argomenti trattati molto bene nei suoi lavori brevi e apprezzati. Con il film Regina, Alessandro Grande ha ricevuto un grande apprezzamento dalla critica e da testate specializzate come Cinematografo. Nel film, il regista mantiene lo stile essenziale, delicato e semplice dei film precedenti e si concentra sul conflitto generazionale, tematica universale e attuale, rafforzata dal senso di colpa vissuto da una giovane attrice esile e dalla pelle diafana, (Ginevra Francesconi) con la quale non si può che entrare dal primo minuto in empatia. Il rapporto tra Regina e suo padre Luigi, nella prima parte del film è esplosivo, si percepisce l’affiatamento e quanto queste due persone siano affini, ma in seguito ad un evento tragico che piomba all’improvviso sulla loro quotidianità, questo rapporto entrerà in crisi, portando i due personaggi a mettere in discussione le loro vite. Necessario un esame di coscienza per crescere, per ritrovarsi dopo essersi persi.

Un nuova avventura per Alessandro Grande

Da questi presupposti, ben espressi nel film Regina, parte l’avventura nel mondo del lungometraggio per Alessandro Grande, il quale si dimostra sensibile e attento all’anima e alla psicologia, facendo un percorso quasi psicanalitico. Lo stesso regista lo ha dichiarato più volte, ispirandosi al saggio di Massimo Recalcati, “Il complesso di Telemaco”, nel quale l’autore riflette sulla figura genitoriale di oggi e sul bisogno di perdersi per riuscire a ritrovarsi. Oggi più che mai c’è bisogno di raccontare storie familiari, storie incentrate, seppur attraverso un dramma, sulla crescita. Regina, film che si colloca nel genere del racconto di formazione, lo fa senza troppe pretese, non vuole sbalordire lo spettatore o puntare su colpi ed effetti speciali, ma sceglie di utilizzare un linguaggio semplice, a tratti documentaristico, che segue la piccola Regina e suo padre nella loro crescita. Un film che speriamo possa avere presto un percorso distributivo anche formativo, magari con proiezioni nelle scuole, matinee ed eventi dedicati ai giovani. C’è bisogno di lanciare un messaggio positivo e questo film riesce a farlo.